IL CORONAVIRUS MI STA INSEGNANDO… LA SOPRAVVIVENZA O LA VITA?



Pensavamo che il terrorismo avrebbe portato a una guerra globale.
Pensavamo di sapere quale sarebbe stato il nostro nemico.
Pensavamo di essere superavanti, supertecnologici, superraffinati computeristicamente.
Invece non ci stiamo accorgendo che siamo nel mezzo di una Terza Guerra Mondiale e che il nostro avversario è subdolo, perché invisibile.
Si può vincere una guerra contro un nemico che non si vede? Lui ha un vantaggio su di noi: ci conosce eccome, ci si appiccica, usa i nostri polmoni per riprodursi e continua a girare indisturbato. Noi siamo costretti a difenderci rimanendo fra quattro mura: non abbiamo a disposizione una grande strategia di attacco. Per ora lo curiamo in ritirata.
Fisicamente ci può indebolire oppure uccidere.
Mentalmente ci può esaltare o annientare. Sicuramente una buona e sana immaginazione è una risorsa necessaria per non impazzire (così come, per chi ce l'ha, l'umorismo o anche l'ironia, anche se è difficilissimo sorridere perlomeno in questi giorni in cui siamo venuti a sapere che i nostri morti hanno superato quelli della Cina e che la Lombardia, la mia regione nello specifico, è letteralmente martoriata dal dolore, dalla tragedia, dall'ombra cupa della morte. È sconveniente postare una battuta quando si vedono in tv i blindati pieni zeppi di salme, o no?!).
Alcuni di noi sono risparmiati, altri lo ospitano nel proprio organismo ma riuscendo a tenerlo a bada, altri ne soccombono completamente.
A tutti fa provare il brivido inatteso della paura, dell'angoscia, del dolore, della morte. Neanche il film horror più horror che abbia mai visto regge il confronto.
Tutto ciò che nella vita quotidiana cerchiamo di eludere, proprio per non impazzire, diventa in questi giorni così concreto e maledettamente presente nelle nostre teste: il pericolo della fine. I pensieri si moltiplicano: qualcuno si terrà occupato nelle faccende pratiche per fermare una prolificazione di immagini mentali astratte; qualcuno invece si incaponirà nelle riflessioni che potranno essere ottimistiche oppure no. Dipende anche molto dal carattere. Pensieri pieni di cinismo o al contrario, addirittura, di paradossale gratitudine.
Per alcuni il Coronavirus sarà un grimaldello per scoperchiare inattese opportunità di vita e di cambiamento. La consapevolezza della fragilità e della brevità della vita imporrà delle scelte e non tutte potranno essere buoniste. Chi lo può dire? Ad ogni modo è impossibile che saremo uguali a prima dello scoppio dell'epidemia. Impossibile.
Giorni fa David Grossman ha scritto: "Ma quando l'epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge, o al partner. Di mettere al mondo un figlio, o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in Lui".
Io sono convinta che forse due diventeranno le parole-chiave fondamentali: tempo e autenticità.
Non saranno più probabilmente il denaro, la carriera, il compromesso a determinare le esistenze; saranno la consapevolezza del fatto che siamo un soffio, che la vita è breve e che tutto può cambiare in un nanosecondo, e la consapevolezza del fatto che bisogna essere "veri", facendo delle scelte coraggiose, a determinare le nostre azioni.

Commenti

  1. Grande GROSSMAN!! Ha centrato il punto: non siamo di ritorno da una vacanza, quando c'è il desiderio di ricominciare dopo essersi riposati fisicamente e spiritualmente. Quando ci butteremo nuovamente nel mucchio, annaspando tra le varie attività della giornata come la Pellegrini nei 200 metri, lo faremo con una consapevolezza diversa. Usciremo da una quarantena che ci ha tenuti chiusi in casa e ci ha obbligato a riflettere. Perché la vita è una cosa seria e quando ci si rende conto di correre un rischio mortale , le cose cambiano. Cambiano le priorità, si fa più attenzione a sé stessi e agli altri, si affina l'udito per non perdere nessuna informazione, ci si abitua ad arrangiarsi, ci si accontenta. E improvvisamente di tante cose non sappiamo più cosa farcene, perché non sono indispensabili. E succede anche con i pensieri: si pensa alle cose importanti, si fanno bilanci...si cercano gli amici, quelli veri e si fanno progetti. Questa volta alla nostra portata. Si pensa a come affrontare di nuovo la quotidianità con il desiderio di non rinunciare più ai momenti importanti, ma di vivere tutto come fosse la prima volta, intensamente. E, spero, con tanta Fede! Quando usciremo….

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